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Lettere dei condannati a morte PDF Stampa E-mail

Arnoldo Avanzi
Di anni 22 – impiegato al municipio di Luzzara (Reggio Emilia) - nato a Luzzara il 17 aprile 1922 -. Prima dell’8 settembre 1943 svolge alle Officine Meccaniche Reggiane propaganda antifascista – dal 26 giugno 1944 appartenente alla 77* Brigata sap – partecipa a requisizioni di generi alimentari e bestiame destinato ai tedeschi e all’affondamento di barche traghetto del Po adibite ai trasporti destinati ai tedeschi – è membro del cln di Luzzara -. Arrestato 1′8 aprile 1945, al suo posto di lavoro, con Ermes Ferrari, da elementi della Brigata Nera «Pappalardo » di stanza a Ferrara – tradotto nella sede dell’upi di Reggiolo (Reggio Emilia) – torturato -. Processato sommariamente nella sede dell’uri di Reggiolo -. Fucilato da plotone delle Brigate Nere il mattino del 17 aprile 1945, dietro il muro di cinta del cimitero di Reggiolo, con Ermes Ferrari.

(Biglietto ritrovato, dopo la Liberazione, nascosto tra i calcinacci
d’una parete della cella).

13 4.45
Carissima mamma,
mi trovo ancora qui a Reggiolo in attesa di essere giudicato con le relative conseguenze. Fatti coraggio e se la giustizia degli uomini sarà come quella di Dio, vedrai che non mi sarà attribuito del male che non ho fatto. Sono ancora qui con Ferrari che pure lui saluta tanto i suoi cari.


I7-4.45
Carissimi,
non piangetemi, sono morto per la mia idea, senza però far nulla di male alle cose ed agli uomini. Non odio nessuno e non serbo rancore per nessuno, ci rivedremo in cielo
Arnoldo

Franco Balbis (Francis)

Di anni 32 – ufficiale in Servizio Permanente Effettivo – nato a Torino il 16 ottobre 1911 – Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d’Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di i3 Classe – all’indomani dell’8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino – è designato a far parte del I° Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi e di collegamento -, Arrestato il 31 marzo 1944, da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del cmrp nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai mèmbri del cmrp, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il I° aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della gnr, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccìni, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti -. Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento al Valor Militare.

4 aprile 1944
Babbo adorato, il tuo unico figlio si allontana da Te. Con la vita mi hai dato un nome onorato, con la costante ed amorosa cura e col tuo lavoro mi hai creato una posizione e mi hai indicato una linea di condotta ed una vita di rettitudine e di probità. Ho fatto quanto potevo per non venir meno ai tuoi desideri ed oggi ti chiedo perdono per tutti i dolori e le sofferenze che ti ho involontariamente arrecato.
Babbo mio caro, Iddio ha voluto che io ti precedessi nella morte: sia fatta la sua volontà! Non perderti d’animo ed accetta quest’ultimo volere di Dio. Ti raccomando la Mamma: anche per lei devi essere forte ed imporle che si sappia far forza e non si abbandoni. Muoio con la grazia di Dio e con tutti i conforti della nostra religione. Nel momento supremo Tu sarai nel mio cuore e sul mio labbro.
Arrivederci, Babbo, ti stringo a me nel virile abbraccio degli uomini forti e chiedo la tua benedizione.
Tuo nella vita e nella morte Franco

Torino, 5 aprile 1944
Babbo mio caro,
non avrei mai creduto che fosse così facile morire. Davanti alla mia ultima ora mi sento sereno e tranquillo e se sul mio ciglio brilla una lacrima è perché penso allo strazio dei Miei. È questa la tragedia mia nel presentarmi a Dio; ti chiedo quindi di diminuire le mie pene promettendomi di essere forte e di superare la tragedia di oggi, pensando che essa è permessa dalla Provvidenza per i suoi imperscrutabili fini.
Babbo adorato, se la mia vita fu serena e facile io lo devo a Te, che mi hai guidato col tuo amore, col tuo lavoro, col tuo esempio.
Il piccolo Cumillo è cresciuto ed è andato lontano, poi è partito in guerra. In tutta la vita, sia quando era a Tè vicino, come quando combatteva in lontani fronti, fu il tuo amore e la rettitudine del tuo carattere che gli hanno indicato la via giusta e retta.
Oggi Franco parte e ti precede nella grazia di Dio: nel momento supremo ti raccomanda la Mamma e ti chiede perdono di tutto quanto ti ha fatto di male e del dolore che ti arreca oggi.
Babbo, nel momento della morte il tuo nome e il tuo ricordo saranno con me, come il mio cuore rimane per sempre a Te vicino. Abbracciandoti come si può fare nel momento supremo, ti chiedo la tua benedizione, che mi serva di viatico davanti a Dio.
Arrivederci, Babbo!
Tuo Franco
Mamma adorata,
è il tuo Franco che torna a Tè nel momento supremo per porgerti il suo bacio e per vivere sempre in ispirito nel tuo abbraccio. È questo il tuo Cumillo a cui hai dato con la vita il tuo sangue, il tuo cuore, la tua anima. Mi hai allevato nella fede, nell’amore, nella rettitudine e nell’onestà. Ho imparato dal tuo esempio ad essere un uomo. Ti ringrazio, Mammina cara, per tutto quello che hai fatto per me e ti chiedo oggi perdono per quanto ti ho fatto di male, per i dolori e le ansie che ti ho procurato. Mamma, colla tua forza d’animo, vincendo momenti difficili della vita, mi fosti sempre di esempio e di guida; ti chiedo lo sforzo supremo oggi di fare altrettanto: non disperarti completamente e rimani serena : Iddio terrà conto del tuo sacrificio. Il più grande tormento della mia nuova vita sarebbe quello di sapere che, per causa mia, tu non potessi aver pace. Nel momento supremo il tuo nome sarà nel mio cuore e sul mio labbro: per la mia pace donami, o mamma, la tua benedizione. Ti abbraccio e ti stringo a me per sempre, nella vita e per la morte e mi è bello pensare che arriverò a Dio col tuo perdono ed il tuo bacio.
Tuo Franco

La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero.
Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia.
Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.

Possa il mio grido di «Viva l’Italia libera» sovrastare e smorzare il crepitio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!
Franco Balbis
Torino, 5 aprile 1944

Nota sul tergo di una pagina di diario, da un taccuino ritrovato nelle carceri di Regina Coeli. La data a cui allude corrisponde alla data dell’eccidio delle Fosse Ardeatine presso Roma. Ricordate! Ricordate il ventiquattro marzo! (L’originale è in lingua inglese; si è ritenuto, per l’incompiutezza del linguaggio usato, di riportare la sola traduzione).


li aprile 1944
Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio, miei cari e amati figli, forse io non sarò più fra i vivi. Questa mattina alle 7 mentre mi trovavo ancora a letto sentii chiamare il mio nome. Mi alzai subito. Una guardia apri la porta della mia cella e mi disse di scendere che ero atteso sotto. Discesi, trovai un poliziotto che mi attendeva, mi prese su di una macchina e mi accompagnò al Tribunale di Guerra di Via Lucullo n. 16. Conoscevo già quella triste casa per aver avuto un altro processo il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il comando tedesco il quale mandò l’ordine di rifare il processo. Cosi il processo, se tale possiamo chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e fini con la mia condanna alla fucilazione. Il giorno stesso ho fatto la domanda di grazia, seppure con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo momento d’addio alla vostra povera mamma e a voi, miei cari disgraziati figli. Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli. Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è il mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se cosi non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi da la forza di affrontare serenamente la morte.

Eusebio Giambone (Franco)
Di anni 40 – linotipista – nato a Camagna Monferrato (Asti) il 1° maggio 1903 -. Militante comunista, non ancora ventenne è accanto a Gramsci e Parodi nelle vicende dell’occupazione delle fabbriche - nel 1923 è costretto ad esiliare in Francia – all’occupazione tedesca della Francia entra nel movimento clandestino e vi svolge azione particolarmente intensa fra i suoi connazionali – nel 1942 è arrestato dalla polizia del governo di Vichy e internato nel campo di concentramento di Vernay – espulso dalla Francia dopo il 25 luglio 1943 rientra a Torino – all’indomani dell’8 settembre 1943 si unisce al movimento clandestino torinese – è designato a far parte del I° Comitato Militare Regionale Piemontese quale rappresentante del Partito Comunista Italiano, col particolare incarico di organizzare squadre operaie torinesi per la difesa della città -. Arrestato il 31 marzo 1944 da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del cmrp nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile insieme ai mèmbri del cmrp, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della gnr, con Franco Balbis ed altri sei mèmbri del cmrp -. Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento al Valor Militare.


Torino, Carcere Giudiziario
Lunedì, 3 aprile, ore 22
Cara adorata Luisetta,
le cose che vorrei dirti sono tante che non so dove cominciare, nella mia testa vi è una ridda di pensieri che potrei esprimerti bene solo a voce, pur essendo calmo, cercherò di coordinare per esprimerti esattamente tutto ciò che penso e il mio vero stato d’animo in questo momento.
Sono calmo, estremamente calmo, non avrei mai creduto che si potesse guardare la morte con tanta calma, non indifferenza, che anzi mi dispiace molto morire, ma ripeto sono tranquillo. Io che non sono credente, io che non credo alla vita dell’al di là, mi dispiace morire ma non ho paura di morire: non ho paura della morte, sono forse per questo un Eroe?
Niente affatto, sono tranquillo e calmo per una semplice ragione che tu comprendi, sono tranquillo perché ho la coscienza pulita, ciò è piuttosto banale, perché la coscienza pulita l’ha anche colui che non ha fatto del male, ma io non solo non ho fatto del male, ma durante tutta la mia vita breve ho la coscienza di aver fatto del bene non solo nella forma ristretta di aiutare il prossimo, ma dando tutto me stesso, tutte le mie forze, benché modeste, lottando senza tregua per la Grande e Santa Causa della liberazione dell’Umanità oppressa.
Fra poche ore io certamente non sarò più, ma sta pur certa che sarò calmo e tranquillo di fronte al plotone di esecuzione come lo sono attualmente, come lo fui durante quei due giorni di simulacro di processo, come lo fui alla lettura della sentenza, perché sapevo già all’inizio di questo simulacro di processo che la conclusione sarebbe stata la condanna a morte.
Sono cosi tranquilli coloro che ci hanno condannati? Certamente no! Essi credono con le nostre condanne di arrestare il corso della storia; si sbagliano! Nulla arresterà il trionfo del nostro Ideale, essi pensano forse di arrestare la schiera di innumerevoli combattenti della Libertà con il terrore? Essi si sbagliano! Ma non credo che essi si facciano queste illusioni: essi sanno certamente di non poter arrestare il corso normale degli avvenimenti, ma agiscono con il terrore per prolungare il più possibile il momento della resa dei conti.
Ad ogni modo siamo una famiglia predestinata a dare tutto per la causa: io oggi, come prima Vitale sul campo di battaglia. È venuto in questo momento il sacerdote col quale ho discusso a lungo: è afflitto perché non ho voluto confessarmi, poiché non sono un credente sarebbe stata da parte mia una incorrettezza il confessarmi, ma mi pare tanto un bravo uomo che gli ho chiesto di venir a trovarti perché ti confermasse a voce come veramente mi ha visto tranquillo.
Forse ti appaio un po’ egoista quando ti parlo solo della mia calma, della mia serenità, del mio Ideale, per il quale sto per dare la vita, ma tu lo sai che ciò non è, tu sai, mia adorata Luisa, che col mio Ideale si confonde l’amore per tè e Gisella con l’amore per l’Umanità intera, e se, come ti ho detto, mi dispiace morire è perché non potrò più godere del vostro affetto, è perché mi addoloro del vostro dolore.
In questo momento rivedo come se li vivessi i ventun anni del nostro grande amore, amore che si è confuso e rinnovato nei nostri figli: non vedo una differenza o una mancanza di continuità fra il nostro ardente amore giovanile ed il calmo amore della nostra maturità che si esprime con la passione che tutti e due abbiamo riservato alla nostra Gisella, compromettere l’avvenire di Gisella se è possibile farle continuare gli studi.
Termino, non che abbia più nulla da dirti, ma potrei continuare per ore a parlarti del mio amore per voi, credo che non sia necessario.
Non scrivo a Pietro perché dopo che avrò scritto a Gisella non mi resterà che poco tempo per riposarmi : di loro che li ricordo con affetto come Nanda, Luigina, Pierina e Rina; abbracciali tutti per me e di’ loro di parlare a Elsa e Franco del loro zio Eusebio. Saluta tutti gli amici, giovani e anziani: i tuoi genitori, quando potrai rivederli di’ loro che io li ho sempre considerati e affezionati come i miei.
Sii forte per tè, per Gisella, sono certo che lo sarai, come sono certo che vedrete il mondo migliore per il quale ho dato tutta la mia modesta vita e sono contento di averla data.
Coraggio, vi amo quanto può amare uno sposo ed un padre.
Vi stringo in un abbraccio ininterrotto per tutte le ore che mi restano a vivere.
Eusebio

Cara Gisella,
quando leggerai queste righe il tuo papa non sarà più. Il tuo papa che ti ha tanto amata malgrado i suoi bruschi modi e la sua grossa voce che in verità non ti ha mai spaventata. Il tuo papa è stato condannato a morte per le sue idee di Giustizia e di Eguaglianza. Oggi sei troppo piccola per comprendere perfettamente queste cose, ma quando sarai più grande sarai orgogliosa di tuo padre e lo amerai ancora di più, se lo puoi, perché so già che lo ami molto.
Non piangere, cara Gisellina, asciuga i tuoi occhi, tesoro mio, consola tua mamma da vera donnina che sei.
Per me la vita è finita, per tè incomincia, la vita vale di essere vissuta quando si ha un ideale quando si vive onestamente, quando si ha l’ambizione di essere non solo utili a se stessi ma a tutta l’Umanità.
Tuo padre ti ha sempre insegnato a fare bene e fino ad ora sei stata una brava donnina, devi essere maggiormente brava oggi per aiutare tua mamma ed essere coraggiosa, dovrai essere brava domani per seguire le ultime raccomandazioni di papà. Studia di buona lena come hai fatto finora per crearti un avvenire.
Un giorno sarai sposa e mamma, allora ricordati delle raccomandazioni di tuo papa e soprattutto dell’esempio di tua mamma. Studia non solo per il tuo avvenire ma per essere anche più utile nella società, se un giorno i mezzi non permetteranno di continuare gli studi e dovrai cercarti un lavoro, ricordati che si può studiare ancora ed arrivare ai sommi gradi della cultura pur lavorando.
Mentre ti scrivo ti vedo solo nell’aspetto migliore, non vedo i tuoi difetti ma solo le tue qualità perché ti amo tanto: ma non ingannarti perché anche tu hai i tuoi difetti come tutte le bambine (ed anche i grandi), ma saprai fare in modo di divenire sempre migliore, ed è questo il modo migliore di onorare la memoria del tuo papa.
Tu sei giovane, devi vivere e crescere e se è bene che pensi sovente al tuo papa, devi pensarci senza lasciarti sopraffare dal dolore, sei piccola, devi svagarti e divertirti come lo vuole la tua età e non solo piangere.
Devi far coraggio alla mamma, curarla e scuoterla se è demoralizzata. Sii brava; sempre; ama sempre la mamma che lo merita tanto.
Il tuo papa che ti ha amata immensamente ti abbraccia ed il suo pensiero sarà fino alla fine per tè e mamma.
Il tuo papà.

Eraclio Cappannini
Di anni 20 – studente all’Istituto Industriale di Foligno (Perugia) - nato a lesi (Ancona) 1′8 gennaio 1924 -. Nel novembre 1943 entra a far parte della 5″ Brigata Garibaldi operante nella zona di Ancona e ne diventa Capo di Stato Maggiore – partecipa ai combattimenti del gennaio e dell’aprile 1944 a Serra San Quirico e nei dintorni di Cabernardi e al colpo di mano per il sabotaggio del macchinario della Snia Viscosa di Arcevia (Ancona) utilizzato dai tedeschi -. Catturato all’alba del 4 maggio 1944, durante un trasferimento fra Sant’Angelo e Avacelli, da un reparto tedesco presumibilmente guidato da un delatore – tradotto ad Arcevia -. Fucilato senza processo il 5 maggio 1944, sotto le mura di Arcevia, con Giuseppe Latieri, Giuseppe Milletti. Marino Patrignani e Dealdo Scipioni.

(Lettera scritta e abbandonata lungo il percorso fra il luogo della cattura e il luogo della fucilazione).
Arcevia 5 maggio 1944
Sono il giovane Cappannini Eraclio prigioniero dei tedeschi. Chi trova il presente è pregato di farlo avere alla mia famiglia, sfollata da lesi a Serradeiconti presso il contadino Carbini. Cari Genitori e Parenti tutti; il mio ultimo pensiero sarà rivolto a voi ed alla mia, alla nostra cara Patria, che tanti sacrifici chiede ai suoi figli. Non piangete per me, vi sarò sempre vicino, vi amerò sempre anche fuori dal mondo terreno; voi sarete la mia sola consolazione. Siate forti come lo sono stato io.
Salutatemi tutti i miei conoscenti.
Vostro per l’eternità Eraclio
Bacioni alla piccola Maria Grazia
Ringrazio perennemente il latore

Giordano Cavestro (Mirko)
Di anni 18 – studente di scuola media – nato a Parma il 30 novembre 1925 -. Nel 1940 da vita, di sua iniziativa, ad un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti – dopo l’8 settembre 1943 lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma -. Catturato il 7 aprile 1944 a Montagnana (Parma), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti – tradotto nelle carceri di Parma -. Processato il 14 aprile 1944 dal Tribunale Militare di Parma – condannato a morte, quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio -. Fucilato il 4 maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma), in rappresaglia all’uccisione di quattro militi, con Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti.

Parma, 4.5 .1944
Cari compagni, ora tocca a noi.
Andiamo a raggiungere gli altri tré gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia.
Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.
Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuoi fare più vittime possibile.
Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è cosi bella, che ha un sole cosi caldo, le mamme cosi buone e le ragazze cosi care.
La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.
Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.
Cara mamma e cari tutti, purtroppo il Destino ha scelto me ed altri disgraziati per sfogare la rabbia fascista. Non preoccupatevi tanto e rassegnatevi al più presto della mia perdita.
Io sono calmo.
Vostro Giordano

Tancredi Galimberti (Duccio)
Di anni 38 – avvocato – nato a Cuneo il 30 aprile 1906 -. Dall’adolescenza militante antifascista – il 25 luglio 1943 a Cuneo e il 26 luglio a Torino arringa la folla perché insorga contro i tedeschi – il io settembre 1943 organizza a Madonna del Colletto (Valdieri, Cuneo), un primo nucleo armato attorno al quale si svilupperanno le formazioni gl del Cuneese – il 13 gennaio 1944 è ferito in combattimento a San Matteo di Valle Grana (Cuneo) – rientrato nella lotta è incaricato del comando di tutte le formazioni gl nel Piemonte ed assolve le funzioni di vice-comandante del I° Comitato Militare Regionale Piemontese – braccato dai fascisti e tedeschi, per dieci mesi si sposta di zona in zona ispezionando formazioni e tenendo i collegamenti fra la città e la macchia -. Catturato il mattino del 28 novembre 1944 a Torino, da elementi della Squadra Politica di via Asti - incarcerato alle carceri Nuove di Torino – torturato -. Prelevato all’insaputa del Comando delle carceri – caricato su di una macchina - fatto scendere nei pressi di Centallo sulla strada Torino-Cuneo e fucilato a tradimento, la sera del 2 dicembre 1944 -. Medaglia d’Oro al Valor Militare -. Eroe Nazionale.

1° dicembre 1944
Ho agito a fin di bene e per un’idea.
Per questo sono sereno e dovrete esserlo anche voi.
Duccio

 

 
Engles Profili 2010 - Pubblicazione a cura di Lykonos