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Il discorso di Napolitano PDF Stampa E-mail

2007-02-12

ROMA – Le drammatiche vicende 1943-1946 del confine orientale dell’Italia sono fra le pagine piu’ buie, dimenticate e – fino a pochi anni fa – rimosse della nostra storia recente. Raccontano, ha ricordato Giorgio Napolitano, la tragedia collettiva del popolo giuliano-dalmata: migliaia di f amiglie perseguitate ed estromesse dalle loro case, migliaia di italiani giustiziati, gettati nelle foibe carsiche, vittime di un disegno ”annessionistico” della Jugoslavia di Tito, di ”un moto di odio e di una furia sanguinaria che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”.

Su questa barbarie, sul dolore di ”migliaia di famiglie i cui cari furono imprigionati, uccisi, gettati nelle foibe”, ha detto il capo dello Stato celebrando il Giorno del Ricordo al Quirinale, dobbiamo rompere un silenzio durato troppo a lungo, e ognuno deve riconoscere la sua parte di colpa. ”Non dobbiamo tacere. Dobbiamo assumerci – ha affermato Napolitano – la responsabilita’ di aver negato o teso a ignorare la verita’, per pregiudiziali ideologiche e cecita’ politica, e di averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”.

In effetti, attorno a Trieste, in Istria, la contesa territoriale si intreccio’ con lo scontro ideologico e con la ferrea logica dei blocchi, e produsse mostruosita’. Bertinotti, Rutelli e Veltroni ascoltano e condividono questa ammissione senza attenuanti delle responsabilita’ di un’intera classe politica, per quella che lo stesso Napolitano ha definito ”la congiura del silenzio”. Ci sono voluti sessant’anni persuperare le pregiudiziali, i veti incrociati che impedivano di parlare di quella immane tragedia e arrivare alla legge del 2004, approvata a larghissima maggioranza, che istituisce questa ricorrenza e permette, ha detto Napolitano, ”un riconoscimento troppo a lungo mancato”.

Un riconoscimento che il capo dello Stato ha tributato consegnando ventidue medaglie alla memoria alle vittime di quella barbarie: funzionari dello Stato, militari, operai, impiegati, singoli cittadini catturati dai partigiani jugoslavi fra l’autunno del ‘43 e la primavera del’46 e fatti sparire. Di alcuni non si e’ saputo mai nulla. Di altri sono stati ritrovati i resti nelle foibe.

Napolitano ha anche rivolto un pensiero affettuoso e commosso a tutti coloro che furono costretti a lasciare le loro terre, le loro case, e ad affrontare ”l’odissea dell’esodo, del dolore e della fatica” di mettere radici in un’altra parte dell’Italia; e asopportare anche ”la congiura del silenzio, che fu la fase meno drammatica ma ancor piu’ amara e demoralizzante dell’oblio”.

Per fortuna, conclude Napolitano, ”abbiamo posto fine a un non giustificabile silenzio” e stiamo ristabilendo rapporti con quelle terre ex italiane in nome dell’amicizia all’interno dell’Europa unita. E non dobbiamo mai dimenticare che la riconciliazione, fra italiani e con altri popoli, che fermamente vogliamo, esige il ristabilimento della verita’.

Paolo Barbi, presidente storico dell’associazione dei giuliano-dalmati, ha ringraziato Napolitano e in una breve ricostruzione storica ha voluto ricordare che purtroppo la tragedia delle foibe, la persecuzione degli italiani residenti in Istria, aveva anche radici storiche. ”Allora – ha detto -esplosero vendette e odi covati nell’esasperazione nazionalistica durata decenni, nel clima della guerra totale, impietosa dei regimi totalitari”. Oggi, ha concluso, nel quadro dell’Europa unita e’ piu’ facile purificare la memoria e far capire che l’autarchia degli Stati-nazione puo’ creare queste barbarie.

 

 
Engles Profili 2010 - Pubblicazione a cura di Lykonos