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Resistenza - Organizzazione PDF Stampa E-mail

( da Wikipedia)

Il CLN

Il movimento partigiano, prima raggruppato in bande autonome, fu successivamente organizzato dal Comitato di liberazione nazionale (CLN), diviso in CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) con sede nella Milano occupata e il CLNC (Comitato di Liberazione Nazionale Centrale). Il CLNAI, presieduto da 1943 al 1945 da Alfredo Pizzoni, coordinò la lotta armata nell’Italia occupata, condotta da brigate e divisioni, quali le Brigate Garibaldi, costituite su iniziativa del partito comunista, le Brigate Matteotti, legate al partito socialista, le Brigate Giustizia e Libertà, legate al Partito d’Azione, le Brigate Autonome, composte principalmente di ex-militari e prive di rappresentanza politica, talvolta simpatizzanti per la monarchia e spesso legate ad idee imperialiste, riportate come badogliani, ma talvolta anche dichiaratamente apartitiche come l’XI Zona Patrioti guidata dal Comandante Manrico Ducceschi (“Pippo”).

Specialmente nel periodo dall’8 settembre 1943 (data del proclama Badoglio) al 25 aprile 1945 l’Italia visse una vera e propria guerra civile. L’azione della Resistenza italiana intendeva essere una guerra patriottica di liberazione dall’occupazione tedesca, ma di fatto ciò implicava anche scatenare una guerra civile contro i fascisti e gli aderenti alla RSI.

IL RUOLO GIOCATO NELLA GUERRA

Ad essere coinvolti in quella che viene anche chiamata guerra partigiana, si calcola siano stati dalle poche migliaia nell’autunno del 1943 fino ai circa 300.000 dell’aprile del 1945 gli uomini armati che, specialmente nelle zone montuose del centro-nord del Paese, svolsero attività di guerriglia e controllo del territorio che via via veniva liberato dai nazifascisti.

Nell’Italia centro-meridionale il movimento partigiano non ebbe altrettanta crucialità militare, sebbene nelle aree restituite al controllo del re (di fatto, degli Alleati) si riunissero i principali esponenti politici che da lontano coordinavano le azioni militari partigiane, anche insieme alle armate alleate. Infatti l’esercito anglo-americano aveva sospinto sulla linea Gustav già dal 12 ottobre 1943 le forze tedesche che risalivano verso il nord.

Con mezza penisola liberata e la restante parte ancora da liberare, con violente tensioni sociali ed importanti scioperi operai che già nella primavera del 1944 avevano paralizzato le maggiori città industriali (Milano, Torino e Genova), le popolazioni del nord Italia si preparavano a trascorrere l’inverno più lungo e più duro, quello del 1945. Sulle montagne della Valsesia, sulle colline delle Langhe e sulle asperità dell’Appennino Ligure le formazioni partigiane erano ormai pronte a combattere.

I GAP e le SAP

Nelle città cominciarono a costituirsi nuclei partigiani clandestini denominati GAP (Gruppi di azione patriottica) formati ognuno da pochi elementi pronti a svolgere azioni di sabotaggio e di guerriglia nonché di propaganda politica. Accanto ad essi, nei principali centri urbani sorsero all’interno delle fabbriche le SAP (Squadre di azione patriottica), ampi gruppi di sostegno alle formazioni partigiane belligeranti, con l’obiettivo specifico di rendere più ampia possibile la partecipazione popolare al momento insurrezionale. Attriti sorsero, però, a questo punto su quale sarebbe stato per il movimento partigiano l’interlocutore privilegiato, politico o militare che fosse, italiano oppure alleato.

Bologna festeggia la Liberazione
da-Wikipedia-liberazione-Bologna

Sotto questo aspetto a poco era servita la militarizzazione “ufficiale” dei partigiani, avvenuta nel giugno 1944 con l’istituzione – riconosciuta sia dai comandi militari alleati che dal governo nazionale – del Corpo volontari della libertà (o Corpo italiano di liberazione, CIL). A capo dei circa 200 mila combattenti che formavano il nuovo esercito italiano era stato posto il generale Raffaele Cadorna Jr, con vicecomandanti l’esponente del Partito Comunista Italiano Luigi Longo e quello del Partito d’Azione Ferruccio Parri).

Mentre si cominciava comunque a guardare al futuro, un altro punto di contrasto era costituito, appunto, da quello che sarebbe accaduto nel dopoguerra, che veniva avvertito ormai come prossimo. Se da un lato la guerra di liberazione accomunava diverse forze politiche, sia pure nella clandestinità e nella diversità ideologica, l’obiettivo successivo – la nuova Italia – era fonte di divergenza: i partiti della sinistra – peraltro divisi al loro interno – paventavano particolarmente un ripristino dello stato liberale prefascista; dal canto suo, il Partito d’Azione sosteneva la necessità che alle organizzazioni partigiane venisse attribuito un ruolo di rilievo nell’edificazione di una nuova democrazia in grado di sovvertire il vecchio ordinamento monarchico. La monarchia, del resto, continuava ad essere sostenuta anche dai gruppi partigiani che si riconoscevano nell’ala democratico-cristiana, liberale ed autonoma, oltre che dai soldati dell’esercito che non avevano aderito alla Repubblica Sociale Italiana.

 

 

 
Engles Profili 2010 - Pubblicazione a cura di Lykonos