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F. Pallottelli PDF Stampa E-mail

GIANNI SCIPIONE ROSSI
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LA STORIA DI ALICE
La Giovanna d’Arco di Mussolini
“Tra partigiani e tedeschi” - pagg 114-119

Rubbettino Editore - www.rubbettino.it
Edito 2010

Tra Partigiani e tedeschi
La più clamorosa tra le azioni partigiane sul versante marchigiano degli Appennini è del 2 febbraio 1944, quando i gruppi «Lupo» e «Piero» assaltano un treno tedesco costretto a sostare alla stazione della frazione di Albacina, a dieci chilometri dal centro, dove Aristide Merloni aveva fondato nel 1930 la sua prima fabbrica di bilance. La ferrovia era stata minata. La tradotta trasportava settecento soldati italiani arruolati dall'Esercito della Rsi in Emilia per il fronte meridionale, dopo lo sbarco di Anzio (22 gennaio). All'azione partecipano una quarantina di partigiani. Sette i morti, due partigiani e cinque tra repubblichini e tedeschi. Le testimonianze d'epoca non sono concordi e anche l'opportunità dell'azione è controversa. Parte dei soldati "liberati", comunque, si sarebbe unita alla lotta partigiana, ma la maggioranza sarebbe sfollata verso Nord.
A fine febbraio, nel pieno di un inverno rigidissimo, che ha visto il termometro scendere fino a 14 gradi sotto lo zero, Pallottelli deve preoccuparsi anche di sfamare un reparto di passaggio della Guardia Nazionale Repubblicana, e ordina «alla Ditta Pellegrini Giacomo di consegnare il quarto posteriore di vitello del peso di Kg. 29». Di stanza in città era la 92a Compagnia di Camicie Nere, comandata dal tenente Antonio Gobbi. È lui, autorità militare e non civile come Pallottelli, a firmare il manifesto che esorta i giovani ad abbandonare le formazioni partigiane e a deporre le armi entro il 25 maggio, con la promessa del perdono: «Noi vi attendiamo per potervi risalutare fratelli». Ma ormai gli Alleati sono quasi alle porte. I fascisti marchigiani cominciano a dirigersi verso la pianura Padana.
L'ultima delibera reperita a firma del commissario Pallottelli è datata 6 marzo 1944, quando ordina a tale Alfredo Pecorelli di sgombrare un magazzino per metterlo a disposizione del comune.
Formalmente Francesco resta commissario prefettizio fino al 13 luglio 1944, dunque fino all'arrivo delle truppe alleate. All'inizio di maggio firma, insieme al comandante del Posto militare tedesco di Fabriano, Henning, un avviso alla popolazione che ben chiarisce quale sia la situazione in città. La sovranità della Repubblica Sociale è sempre più solo teorica:
  1. Su ordine del Comandante della costa di Ancona, è stato disposto che il Maggiore Saggau dirigente del Comando Tedesco N. P.M. 34690, prenda il Comando della truppa Tedesca che risiede in Fabriano.
  2. È severamente proibita l'occupazione di case e appartamenti del luogo da parte di militari sia tedeschi che italiani. Tale disposizione si può ovviare soltanto mediante accordi con locale comando tedesco.
  3. Qualsiasi cittadino che desideri conferire per questioni di carattere militare con le Autorità Italiane dovrà prima presentarsi al Co mando Tedesco.
  4. La ritirata per i soldati è stabilita per le ore 22 e per i sottufficiali per le 23. Ai civili è severamente proibito di circolare dopo le ore 21.
  5. I permessi di qualsiasi genere rilasciati prima del 27.4.44 sono tutti scaduti e privi di validità. Le domande di rinnovo di tali permessi (circolazione, coprifuoco, ecc.) devono essere rivolte alla Autorità civile che provvederà a trasmetterle al Comando Tedesco.
  6. II Comando tedesco riceve la popolazione civile dalle ore 9 alle 11 e dalle ore 15 alle 18, escluso il mercoledì e la domenica.

Praticamente le autorità italiane sono del tutto esautorate. Il 2 giugno, comunque, Pallottelli, accompagnato dall'autista Giuseppe Salvatori, parte per Lèzzeno per raggiungere la famiglia. Il 18 sono fissate la Prima Comunione e la Cresima dei figli minori. Ha intenzione di rientrare, ma il 19 viene fermato dai tedeschi e deve tornare definitivamente al Nord.
Dopo il passaggio del fronte, entrerà nel mirino del socialista Oreste Bonomelli, primo presidente del comitato di epurazione fabrianese, che era stato tra i confinati del Collegio Gentile. Per lui Francesco era, con l'insegnante Anita Mora e l'impiegato Arturo Mannucci, tra «i fascisti che maggiormente si erano esposti nella repressione di ogni forma di dissenso». Fu Bonomelli, il 20 agosto 1945, a ricevere l'incarico di informarsi se «l'ex Podestà repubblichino Pallottelli Francesco aveva stabilito la sua residenza in uno dei principali alberghi di Lemmo o di Nesso (Ramo di Corno)... Le saremmo grati se volesse interessarsi possibilmente per il suo arresto e per l'eventuale traduzione a Fabriano».

Sotto processo
Prima dell'arresto passerà quasi un anno. Forse Francesco non sa neppure di essere ricercato. Quando torna a Fabriano, il 14 giugno del 1946, due poliziotti lo incontrano per caso in paese e lo fermano. Immediatamente viene tradotto ad Ancona. «Si avverte - chiarisce il commissario di Ps al Questore - che a carico del Pallottelli pende procedimento penale presso la Sezione Speciale della Corte di Assise di Ancona». Resterà in carcere fino all'll luglio, quando la Sezione Istruttoria della Corte d'Appello «dichiara di non doversi procedere [...] perché il delitto [...] è estinto per amnistia». Nel referendum del 2 giugno gli italiani avevano scelto la Repubblica. Il 22 giugno era stata varata l'amnistia voluta dal Guardasigilli Palmiro Togliatti.
Francesco era imputato, secondo la formula di rito, di aver «collaborato con il tedesco invasore dopo l'8 settembre 1943, in Fabriano ed altrove, favorendo i di lui disegni politici e militari». Alla base del processo la denuncia presentata da Oreste Bonomelli, il 23 novembre 1945, alla Commissione di epurazione di Ancona, e ribadita il 22 marzo del 1946 dal suo successore alla presidenza del Comitato di epurazione di Fabriano, Spotti.
Bonomelli pensa che Francesco sia iscritto ai Fasci dal primo ottobre 1922 e gli contesta la qualifica di «antemarcia». Della sua vita in realtà non si sa praticamente niente, salvo che «la di lui moglie americana si vantava di non si sa quale amicizia col capo del fascismo». E che, tornato a Fabriano dopo molti anni, «era tenuto in conto di gerarca». Per Bonomelli, Francesco «non era iscritto alla milizia ma di sentimenti germanofili» e, messo alla guida del comune, «fiancheggiò con zelo e pertinacia l'opera iniqua dei fascisti e degli occupanti. Naturalmente era iscritto al Fascio repubblichino. Si tenne fino all'ultimo in contatto con la milizia fascista e sempre a disposizione delle forze germaniche», eclissandosi due settimane prima dell'arrivo degli Alleati.
Forse consapevole della debolezza giuridica di una simile denuncia, Bonomelli aggiunge che «nell'occasione del barbaro assassinio del dott. Profili, cercò di sviare le ricerche della famiglia e di occultare le responsabilità dei fascisti uccisori, con notizie false intorno alla data della sua scomparsa, ed al luogo della fucilazione».
Dal canto suo Spotti cerca di fornire ulteriori elementi a carico. Pallottelli è responsabile di aver consentito il sequestro di mobili da parte delle autorità tedesche, peraltro dietro consegna di regolare ricevuta. Inoltre, «fece arrestare dai carabinieri i genitori dei giovani che non avevano risposto ad un bando di chiamata alle armi del sedicente governo repubblicano». Ricorda, infine, che mentre Pallottelli era commissario prefettizio «molti Patriotti furono arrestati e fucilati». Nel processo, spunterà anche l'accusa di aver sequestrato, sempre con regolare ricevuta, l'automobile di tale Basilio Martini.
Più o meno come in tutta Italia, il metro di giudizio dei magistrati delle sezioni speciali della Corte d'Assise anconetana era, per così dire, di manica larga. Tuttavia, caduto per amnistia il reato di collaborazionismo, non era facile condannare Francesco su queste basi.
Otto fabrianesi testimoniarono che, «arrestati nella primavera del 1944 e rinchiusi nel carcere di Jesi, furono liberati e posti in libertà per opera ed intercessione del Pallottelli Francesco». Il boscaiolo Filippo Morosini testimoniò di essere stato protetto nonostante si sapesse che forniva viveri ai partigiani della «Lupo». Centinaia di abitanti delle frazioni di Serradica, Ceresola, Marischio e Campodonico firmarono una dichiarazione, secondo la quale Pallottelli «agì sempre con equità e buon senso, difese i cittadini senza alcuna distinzione politica o di classe, da ogni sopruso e violenza, aiutando tutti nella necessità e nelle sofferenze particolarmente nel critico periodo della guerra».
Interrogato nella Questura di Ancona subito dopo l'arresto39, Francesco aveva ovviamente affermato di aver agito sempre con l'obiettivo di alleviare i disagi della popolazione. Per quanto riguarda l'omicidio di Engels Profili, dichiarò:
La moglie del Profili, avendo saputo dell'arresto di suo marito, venne da me pregandomi di intervenire presso il prefetto e presso il comando della gnr per ottenere il rilascio del Profili stesso. Io mi recai dal prefetto di allora Lusignoli Aldo e dal questore De Biase e da essi ebbi l'assicurazione del loro interessamento. Tornato a Fabriano mi recai dal Tenente Gobbi comandante della gnr al quale rivolsi la stessa preghiera e ne ebbi la stessa assicurazione. Per conseguire l'intento sollecitai anche l'intervento di un capitano tedesco comandante delle forze di Fabriano, ma questi mi rispose che il caso Profili non lo riguardava. Solo dopo qualche giorno venni a conoscenza dell'uccisione del Profili ed essendomi recato dal tenente Gobbi per chiedergli notizie, questi mi riferì di saperne nulla in quanto la S.S. tedesca l'aveva prelevato durante la notte.
I familiari dell'antifascista, ucciso nell'aprile del 1944, lo avevano denunciato «perché non seppe difendere come Podestà l'incolumità di un suo concittadino [...]. Anzi, dopo il delitto, in un abboccamento con la moglie del Profili stesso, il Pallottelli cercò di deviare ogni indagine, arrivando perfino a dire che il dottore Profili era stato ucciso dai Partigiani».
Nell'interrogatorio Pallottelli tenne a precisare la sua posizione nei confronti dei tedeschi:
Più volte venni minacciato dai tedeschi perché non aderivo alle loro richieste. Alla fine del marzo 1944 la mia casa di Fabriano venne perquisita dalla Gestapo, perché si era sparsa la voce che nascondevo dei patrioti. Per tali motivi a Modena mia moglie, due figli ed un'altra signora vennero fermati e trattenuti per cinque giorni dalla Gestapo. Da quanto sopra emerge che io, benché fascista, non sono stato affatto germanofìlo, come qualcuno mi ha dipinto.
La Corte di Appello di Ancona, presidente Vittorio Salmoni, consiglieri Stefano Assanti e Vincenzo Rapex, non entrò ovviamente nel merito della supposta germanofilia di Francesco. Si limitò a constatare che, «se [...] è risultato che il Pallottelli assistè alle ruberie di mobili e diversi oggetti commesse dai tedeschi in Fabriano, se è risultato che conosceva la fucilazione del sig. Engles Profili, effettuata dai nazi-fascisti, e se tentò di deviare le ricerche dei familiari del detto Profili dopo la sua fucilazione, non è però risultato che dalle ruberie egli abbia tratto profitto né che all'uccisione del Profili egli abbia in alcun modo contribuito».
Collaborazionista sì, dunque, ma non ladro né assassino. Tuttavia la memoria locale resterà influenzata dalla denuncia di Bonomelli. Terenzio Baldoni dedica a Francesco un breve e tendenzioso profilo:
II Podestà Pallottelli era nato a Fabriano nel 1884. S'iscrisse al fascio di Roma il 1 ottobre 1922 e venne qualificato come «ante marcia». Tornato a Fabriano molti anni dopo, entrò subito a far parte del locale direttorio, divenendo vicesegretario del fascio. Nel 1942 venne nominato commissario prefettizio, quindi podestà fino al 13 luglio 1944, svolgendo anche la funzione di presidente dell'Eca. Di sentimenti germanofili, in occasione dell'assassinio del dottar Profili sviò le ricerche della signora Loreta e cercò di occultare le responsabilità dei fascisti con notizie false sulla data della scomparsa e il luogo della fucilazione. Fuggì nell'Italia del nord due settimane prima dell'evacuazione tedesca.
Scarne e approssimative righe anche nel Chi è? dei fabrianesi compilato da Dalmazio Pilati sulla scorta di un necrologio del periodico cattolico «L'Azione» del 16 gennaio 1965:

Partì giovanissimo da Campodonico per lavorare come cameriere in un albergo di Roma. Conosciuto il musicista russo Pachmann ne divenne il figlio adottivo. Potè studiare e formarsi una cultura anche musicale. Divenne Ispettore dell'Opera a Roma. Poliglotta (conosceva 7 lingue) girò il mondo. Conobbe vari personaggi famosi (D'Annunzio-Gigli-Toscanini-Mussolini). Ebbe una vita avventurosa. È ricordato soprattutto per gli incarichi politici ricoperti nella nostra città. Fu l'ultimo Podestà di Fabriano (1943-1944).

 
Engles Profili 2010 - Pubblicazione a cura di Lykonos